Avatar: la via dall’acqua
Dopo tredici anni di attesa, il secondo capitolo di Avatar è arrivato al cinema. Avatar: la via dell’acqua è solo spettacolo senza cuore?
Nonostante il mio amore nei confronti della saga videoludica, quando annunciarono il film di Uncharted rimasi indifferente. Gli adattamenti tratti da videogiochi hanno la fama di essere sempre terribili. Una maledizione che veramente pochissimi sono riusciti a liberarsi (molti mi parlano bene di Silent Hill ma non l’ho visto e tutto sommato Warcraft non era così male).
La versione filmica di Uncharted è riuscita a sconfiggere questo stereotipo?
Uncharted è tipo quella persona che fa di tutto per fare il figo ma ottiene il risultato opposto. Un film patetico nel suo goffo tentativo di ottenere l’attenzione con spericolatezze e azione da cardiopalma per compensare una trama piatta e stitica (nel senso che non caga nemmeno un’idea decente).
Il risultato è pacchiano e talmente esagerato da fare sembrare Fast & Furious un documentario sui koala. Una regia che manca di ritmo ed energia, incapace di dare movimento e valore alle scene. La sceneggiatura fatica a sfruttare il materiale originale, se non per citazioni che da fan delle serie comunque non mi hanno esaltato. I dialoghi quando sono al loro meglio equivalgono ai peggiori dei film Marvel più brutti. La colonna sonora del solitamente ottimo Ramin Djawadi (Trono di Spade e Westworld) risulta senz’anima e dimenticabile.
L’unica nota positiva di questo adattamento cinematografico di Uncharted sono quei dieci secondi in cui viene suonato il tema originale del gioco di Greg Edmonson. L’unico momento in cui il cuore è ripartito a battere perché mi ha riportato alla mente quando Uncharted era solo un ottimo videogioco e non uno spreco di lungometraggio di un’ora e cinquantasei minuti.
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