Avatar: la via dall’acqua
Dopo tredici anni di attesa, il secondo capitolo di Avatar è arrivato al cinema. Avatar: la via dell’acqua è solo spettacolo senza cuore?
Nonostante anni di carriera, il regista di Alien e Blade Runner continua a sfornare kolossal con un cadenza di quasi ogni due anni. Dopo il ritorno alla fantascienza con Prometheus, Ridley fa capolino nella “letteratura” religiosa raccontando uno dei episodi biblici più famosi dell’antico testamento: l’Esodo.
Ridley è un fottuto genio a creare storie originali e i due titoli scritti sopra ne sono la dimostrazione (e anche Prometheus non è così male alla fine), pertanto mi chiedo perché butti la sue capacità in storie che conoscono già tutti, inutili da narrare e che se non fosse un kolossal 3D ricco di effetti speciali attirerebbe solo i vecchietti della messa di domenica (in effetti sono quelli che ho trovato io). Exodus è un lungo, non necessario polpettone eccessivamente pomposo, in cui la storia viene spalmata modificandola qua e la giusto per dare un ritocco e riempendola di effettoni in computer grafica che tra l’altro non nemmeno belli come ci si aspetterebbe. La storia procede lenta, a singhiozzi, con rari momenti di vera tensione e tante scenette di cui sappiamo già la conclusione.
Nonostante gli sforzi di Christian Bale di dare vita a un personaggio credibile, con un suo carattere, la piattezza generale della pellicola sembra sovrastarlo e il suo comprimario Joel Edgerton finisce anch’esso inevitabilmente nell’oblio. Inoltre non capisco l’intenzione di Scott di cercare di dare un senso logico e una parvenza di realismo ai fatti fantastici del racconto; cosa mi serve che mi dai una spiegazione vagamente credibile alle piaghe se dopo l’ultima non ne ha una? Per non parlare del bambino/dio che sembra preso dal videogioco Bioware Mass Effect 3 con tanto di effetto voce con eco.
Ridley, con affetto, torna a fare fantascienza.
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