Ant-Man and The Wasp: Quantumania
Ant-Man and The Wasp: Quantumania avvia la quinta fase del Marvel Cinematic Universe. Un buon inizio o la strada della decadenza è segnata?
A distanza di dieci anni dal debutto di Iron Man, il lungometraggio che diede inizio al Marvel Cinematic Universe (MCU) giunge ora nelle sale il suo diciottesimo film: Black Panther.
Nel 2012 la Disney rivoluzionò il genere dei superhero movie con The Avengers. Inventò la formula perfetta per questo genere di produzioni commerciali, mescolando comicità, azione e un pizzico di dramma nelle giuste proporzioni in base al personaggio. Dosando accuratamente gli ingredienti per ogni pellicola, la Disney è riuscita in questi anni a produrre due/tre film all’anno conquistando ogni volta pubblico e critica.
Black Panther usa una nuova versione di questa formula. Alterata per assecondare le esigenze del nuovo supereroe e per narrare una storia diversa dal solito.
Rispetto alle altre produzioni marvelliane, la pellicola di Ryan Coogler aspira a essere più di un ottimo film d’intrattenimento e ambisce a essere mandante di un messaggio di fratellanza, tolleranza e unione.
Tematiche perfettamente incastonate in una sceneggiatura che, come ogni altra opera Marvel cinematografica, non punta sulla complessità e originalità della trama ma sul suo protagonista. Chadwick Boseman, dona tridimensionalità al Re del Wakanda T’Challa. Nonostante la sua forza, il potere e la saggezza, si mostra dubbioso delle sue abilità come governante. Preoccupato per il futuro del suo popolo e indeciso su quale sia la direzione giusta da prendere.
Al suo fianco Okoye, interpretata da Danai Gurira , la quale rappresenta la responsabilità e il senso del dovere sopra gli interessi personali. Nakia (Lupita Nyong’o), amante e spia di T’Challa e anche sua coscienza. A lei il simbolo della forza del cambiamento e la volontà di essere più aperti col mondo.
Erik Killmonger (Michael B. Jordan), è uno dei pochi antagonisti, a parte Loki (ma il suo è un ruolo ambiguo), a non essere un semplice bersaglio per i “buoni”. La sua storia riesce a interessare e appassionare, e le sua sono motivazioni più che valide e la causa che vuole portare va oltre alla semplice fame di potere.
A livello visivo Black Panther stupisce per l’uso di colori sgargianti e la grande cura nella costruzione del afrofuturismo del Wakanda. Un paese immaginario che mescola tecnologia fantascientifica con la tradizione del popolo africano. La colonna sonora alterna tracce tribali ai ritmi del rap afroamericano per un perfetto mix tra futuro e passato.
Black Panther è un’opera corale in cui l’intrattenimento si mescola all’attualità, una sinergia che eleva la pellicola di Coogler al di sopra della mera operazione commerciale. Un film rispettoso dell’Africa e del suo popolo, capace di lanciare un messaggio sull’umanità e fare riflettere. Una pellicola didattica ma mai morbosa, il cui comunicato morale è palese ma non sovraesposto.
Se voglio trovare un difetto è la linea comica forzata: le battute, la maggior parte di esse, non fanno ridere. Questi strascichi della vecchia formula hanno negato a Black Panther l’entrata al pantheon dei migliori film di supereroi. La sensazione che mi ha lasciato è stata positiva ma questa nuova formula manca ancora di equilibrio chimico.
Tuttavia non si può negare il coraggio e la volontà di voler nuovamente innovare un genere, che tanti ancora, considerano come “filmetti per ragazzini stupidi”. Un netto passo avanti per l’industria dei blockbuster movie a tema supereroistico.
Wakanda per sempre!
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