Avatar: la via dall’acqua
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Giovedì 25 Settembre, giorno d’uscita di diversi film compreso l’ultimo lungometraggio di Luc Besson, tempo di ritornare all’ IMG Cinemas di Mestre: è da un pezzo che non sento un film in Dolby Atmos.
Il famoso mito del cervello sfruttato solo al 10% e le incredibili abilità fisiche e psichiche che potremmo avere se riuscissimo a utilizzarne di più.Protagonista del film è Lucy, ragazza ventiquattrenne, che per sbaglio assorbe una sostanza (che non si sa da dove diavolo esca) permettendole di acquisire super poteri e un intelligenza strabiliante, sbloccando appunto il potenziale nascosto nel suo cervello. Seguiranno inseguimenti, sparatorie ad cazzum e spiegazione pseduo-scientifiche per far credere al pubblico che quello che dice Lucy un senso logico ce l’abbia..ma tanto la maggior parte è entrato in sala perché c’è Scarlett Johansson.
La sceneggiatura: orribile, seriamente, è scritta da cani, un cane menomato. Non lo dico perché voglio fare quello contro corrente che vuole stroncare il film ad ogni costo, lo dico perché non regge per niente la durata di 90 minuti delle pellicola, troppe scene che non dicono niente, senza un senso logico e incastrate a forza nella narrazione. La storia non attecchisce, al contrario del sua protagonista non riesca a sprigionare le sue piene potenzialità. Non c’è coerenza tra una scena e l’altra, sembra quasi che il regista abbia voluto compartire tutto il film in blocchi slegati tra loro. Come si può mettere una serie di uccisione e dopo una scena strappa lacrime (o così dovrebbe) subito dopo senza che ci sia un reale motivo? Cosa dovrebbe dirmi della protagonista? A tante altri esempi così che si ripercuotono inevitabilmente sul risultato finale.
I protagonisti sono di una piattezza mastodontica, la Scarlett è un manichino senza personalità: fredda,letale, stronza. Questa sarebbe l’idea di donna forte? Non prova nessuna emozione, niente, a parte quando gli pare, per tutto il resto del tempo è un killer spietato. Morgan Freeman è li perché fa scena, il suo unico scopo è fare la persona scientifica che spiega il plot del film; il suo ruolo è paragonabile alla voce narrante di un documentario di SuperQuark. Il poliziotto francese (Amr Waked) serve ancora meno di Freeman, è li perché serviva un uomo eroico nel mix ma anche lui è talmente scialbo, utile come una preservativo bucato, che avrebbero potuto prenderlo e buttarlo nel cestino del brutte idee. Non ci sono veri protagonisti, sono tutte macchiate, inesistenti, senza una vera personalità o capaci di fare emozionare in qualche modo lo spettatore.
Lucy è un film freddo quanto la sua finta scienza, un mortorio se non fosse per le scene d’azione. Chi ha scritto questo film usava il -10% del suo cervello e il regista qualcosina di meno per lasciargli fare.
Lucy ha l’abilità di controllare il suo corpo, percepire e controllare le energie del nostro universo, controllare le menti altrui e un intelligenza senza paragoni. Non è la prima volta che vengono affrontati argomenti del genere ma Luc Besson passa fin troppo il limite della realtà. Anche se fosse possibile avere capacità del genere il nostro corpo necessiterebbe di continua energia, ergo dovremmo mangiare molto, moltissimo.
Lucy poteva essere un bel di fantascienza, ne aveva il potenziale, tutto gli ingrediente necessari, sarebbe bastato mescolarli nel modo giusto è sarebbe venuto fuori un frullato gustoso. Invece niente, riesce a fallire su tutta la linea: narrazione indecente e soprattutto il lato fantascientifico troppo fantastico e poco scientifico. Sarà magari anche un questione di gusti, ma rendere un personaggio praticamente onnipotente non ha mai giovato alla trama altro se non è l’antagonista, per il semplice fatto che se sai che non può succedergli niente non riesci a legarti a lui, tanto meno con un personaggio come Lucy.
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